Lo stato di una repubblica
Alcune considerazioni sullo stato della repubblica Italiana.
La rielezioni del presidente Mattarella sembrano aver causato un sospiro di sollievo al popolo Italiano. Questo sentimento è a mio avviso ingiustificato alla meglio, pericoloso, ed indicativo di tendenze preoccupanti alla peggio.
Per la seconda volta nella storia della Repubblica Italiana il parlamento ha fallito nell’adempiere a uno dei suoi scopi indicati dalla costituzione l’elezione della prima carica dello stato. Sebbene possa esserci sollievo per la non elezione di personaggi discutibili, come Gianni Letta, o Maria Elisabetta Casellati, o addirittura osceni come Silvio Berlusconi, la Rielezione di un presidente, per quanto serio, per quanto istituzionalmente adeguato, non è una notizia da celebrare.
I motivi sono molteplici ma voglio indicare i più evidenti: la balcanizzazione e la debolezza del parlamento italiano, la personalizzazione della politica da parte di pochi attori e la normalizzazione di un processo contrario alla filosofia della costituzione Italiana.
Primo, la costituzione prevede che il presidente possa essere eletto nelle prime tre votazione con maggioranza di due terzi per spirito di unità, perché dovrebbe trattarsi di una elezione non politica, ma a garanzia della costituzione stessa. Il presidente della repubblica dovrebbe unire italiani e parlamento. Il fatto che non si riesca ad uscire da logiche tribali e partitiche è sintomo di una politica sempre meno orientata al benessere dei cittadini e alla salvaguardia dell’integrità delle istituzioni, e sempre più volta ad interessi particolari. Il fatto che maggioranza – per quanto amorfa e opportunista – e opposizioni non riescano a lavorare insieme in un compito così importante è sintomo di decadimento civile e morale da parte dei parlamentari.
Secondo, gli interessi di pochi, dimostrati dall’ostilità di Salvini verso il nome Casellati, o il ricatto di Berlusconi alla maggioranza per la non elezione di Draghi – risultato positivo ottenuto tramite mezzi corrotti – sono un’ulteriore segno di debolezza del parlamento. Il voto segreto del presidente della repubblica dovrebbe essere un’occasione per dimenticare le logiche di partito e l’asservimento a leader carismatici, eppure, come alla rielezione di Napolitano la rielezione è stata decisa in poche votazioni, con pochissimi franchi tiratori. Un’altro indicatore dell’assenza di valori dei parlamentari Italiani.
Infine, il mandato di sette anni non è una casualità o uno sbaglio dei costituenti. Le ragioni della durata del mandato presidenziale sono: innanzitutto quella di avvenire in anni diversi rispetto alle elezioni parlamentari se non una volta ogni trentacinque anni (assumendo la durata naturale delle legislazioni). Per cui anche l’idea di eleggere un presidente perché poi si dimetta dopo due anni per fare elegger il suo successore dal nuovo parlamento, è profondamente perversa. In secondo luogo, e di maggiore importanza è il fatto che il mandato di sette anni, invece che quattro, o tre, o sei, è stato stabilito come indicazione chiara che il presidente non dovesse essere rieletto. In una neonata repubblica, ex-monarchia, l’ideale era quello di un parlamento sovrano, non di un parlamento asservito ad un sovrano eletto per quattordici, ventuno o più anni. Presidenti in carica ventuno anni ancora non ce ne sono stati e probabilmente non ne vedremo, vista l’età media degli eletti fino ad ora. Il presidente Mattarella potrebbe essere il primo a rimanere in carica più di dieci anni. Il fatto che Napolitano sia rimasto in carica nove dovrebbe già preoccuparci. Il fatto che per la seconda volta la rielezione di un presidente sembri non solo normale, ma una benedizione dovrebbe offenderci ed irritarci, nonostante Sergio Mattarella si sia dimostrato in sette anni di mandato un presidente più degno del suo predecessore.